13. Nominai come sorveglianti ai magazzini il sacerdote Selemia, il segretario Sadoc e il levita Pedaià, aiutati da Canan figlio di Zaccur e nipote di Mattania. Erano ritenuti persone oneste e li incaricai di distribuire le offerte agli altri leviti e sacerdoti.
14. «O mio Dio, ricordati di me e non dimenticare tutto quel che ho fatto per il tempio e per il culto!».
15. In quel tempo mi accorsi anche di altri fatti: alcuni, in Giudea, pigiavano l’uva in giorno di sabato; altri, sempre in giorno di sabato, trasportavano a dorso d’asino grano, vino, uva, fichi e altra merce fino a Gerusalemme. Io li avvertii che non era il giorno per vendere e comprare.
16. Anche gente di Tiro, che abitava a Gerusalemme, si procurava pesce e altre merci per venderle in giorno di sabato agli abitanti della città e della Giudea.
17. Intervenni presso le autorità della Giudea e dissi loro: «Vi rendete conto del male che fate? Voi non rispettate il carattere sacro del sabato.
18. Anche i vostri padri hanno agito così, ma Dio ha fatto venire su di noi e la nostra città tutti i mali che ben ricordate. Se non rispettate il sabato voi attirate castighi sugli Israeliti».
19. Diedi l’ordine di chiudere le porte di Gerusalemme al tramonto prima del sabato e di non riaprirle fino alla sera successiva. Inoltre misi di guardia alcuni miei collaboratori perché non entrasse in città nessun carico in giorno di sabato.
20. Per uno o due sabati alcuni mercanti, con le loro merci di ogni genere, passarono la notte fuori della città.
21. Ma diedi loro questo avviso: «Se passate ancora la notte sotto le mura della città, vi farò arrestare». Da allora, di sabato, non vennero più mercanti.
22. Poi ordinai ai leviti di purificarsi e di mettersi di guardia alle porte per far rispettare il sabato.«O mio Dio, ricordati anche di questo e, nella tua bontà infinita, trattami con benevolenza».
23. In quel periodo venni anche a sapere che alcuni avevano sposato donne ammonite, moabite e della città di Asdod.
24. Metà dei loro figli parlava la lingua di Asdod, altri usavano lingue di popoli diversi, ma nessuno sapeva la nostra.
25. Io reagii duramente: minacciai maledizioni, ne picchiai qualcuno e gli strappai perfino i capelli. Poi li feci giurare in nome di Dio che non avrebbero mai più combinato matrimoni con gente di quelle popolazioni.
26. Dissi loro: «Non sapete che per questa strada anche Salomone, re d’Israele, finì per peccare? Eppure non c’era un re come lui in tutti i popoli. Dio lo aveva amato e lo aveva fatto re di tutto Israele. Ma le donne straniere portarono lontano da Dio anche lui.
27. Non voglio più sentire una cosa simile: qualcuno di noi che tradisce il nostro Dio al punto di prendere in moglie una straniera!».
28. Uno dei figli di Ioiadà, figlio del sommo sacerdote Eliasìb, aveva sposato una figlia di Sanballàt il Coronita e, per questo, io lo mandai via.